Il magistrato e storico tifoso granata era presente alla prima di Mihajlovic con cinquemila tifosi: “Un atto di fede. La rinascita del Filadelfia pone fine a un’ingiustizia”
Dottor Caselli, buon giorno. In Sisport, il giorno del raduno, c’era anche lei: una sorpresa gradita e anche inaspettata.
Sì, ero presente. Ci tenevo a partecipare. Ancora una volta, e nonostante io sia un tifoso che per decenni ha visto di tutto, mi sono emozionato. Ho respirato la straordinaria forza e la passione che soltanto il Torino riesce ad esprimere. Perché? Perché un mare di persone, sotto un caldo così torrido, a seguire la presentazione di una squadra ancora da disegnare, a vedere uno pseudo allenamento (si è trattato di una sgambata), non è da tutti. Non sarebbe nemmeno immaginabile, non fosse stato vero. È la prova e la dimostrazione che la tifoseria del Toro è, senza alcuna iperbole o esagerazione, unica al mondo: fatta di gente “nei secoli fedele” che riesce a manifestare questo attaccamento anche in momenti difficili. E che antepone la sua “fede” a qualunque altra considerazione, anche quando il momento sembra consigliare attesa, prudenza, dubbi, aspettative più o meno rassegnate o critiche. Il Toro, davvero, non è niente di tutto questo: sa sempre stupire e rallegrare al tempo stesso. Io, quel pomeriggio, ero ancora una volta felice. Tutti quegli applausi, quella presenza massiccia e festosa di persone, non è altro che l’ennesima controprova che il Toro e i suoi tifosi sono un’anomalia in un mondo fatto solo di soldi, interessi, fregature della parola data. Dei cosiddetti “valori” è rimasta solo l’ombra. Prevale la loro antitesi, nel senso che sembrano esistere solo per essere negati e calpestati.
Ha avuto l’occasione di scambiare qualche parola con Mihajlovic?
No, perché non ero da solo. Sono andato con mio figlio, mia nuora e relativa carrozzina (rigorosamente addobbata con sciarpina granata) con dentro un bimbetto di 6 mesi. Abbiamo cercato un posto all’ombra per “proteggerlo” dalla canicola e ci siamo messi un po’ in disparte. Cosa penso dell’allenatore? Io sono stato, e lo ribadisco, un ammiratore di Ventura: con tutti i suoi limiti (ma chi non ne ha?) ha fatto grandi cose, restituendoci onore e dignità. Mi è spiaciuto sia andato via, per lui ora comincia una nuova stagione con la Nazionale. Mihajlovic non l’abbiamo ancora visto all’opera sul nostro campo. Per ora non lo conosco. Ma sembra avere tutti i presupposti per poter realizzare imprese importanti: impegno, grinta, determinazione, rigore, tenacia, roba da Toro. Se ci sarà il seguito della società, come credo, e dei tifosi, come è già stato dimostrato, potrà sicuramente fare bene.
E poi potrebbe essere l’arma in più: il Filadelfia.
Speriamo, infatti, che si ponga fine a una colossale, clamorosa, incredibile e storica ingiustizia. Quello non è solo il campo del Toro: è un monumento della storia d’Italia. Averci messo tanta incuria nel (non) conservarlo prima, e tanta fatica a ricostruirlo poi, grida vendetta. Ma non soltanto da parte dei torinisti, anche di qualunque italiano che abbia un po’ di senso della storia. Si pensi al Grande Torino e a cosa abbia rappresentato per la rinascita del nostro paese, e in generale a quanto abbia contribuito per la diffusione dell’immagine di Torino nel mondo. Evidentemente, però, non a tutti in città faceva comodo partire da questa realtà, e qui mi voglio fermare senza aggiungere altro. Intanto, gioisco perché la ricostruzione del Fila chiuderà una parentesi sconcia durata troppo tempo. Se non sarà proprio il vecchio Filadelfia a risorgere, sarà almeno un buon progresso.
Che aspettative si è fatto intorno al Toro?
Da buon tifoso, mi aspetto di tutto e di più. Mihajlovic ha prefigurato, senza promettere, l’Europa. Siamo ancora di fronte a un foglio di carta in gran parte da scrivere. Io ho rinnovato l’abbonamento per me e i miei amici: c’è aspettativa intorno ai possibili nuovi acquisti ( a partire dai due che sono arrivati a rinforzare un attacco già buono, con Belotti e Maxi); poi vediamo cosa accadrà in caso di cessione di Peres. Non sono un tecnico, ma ci vuol poco a capire che occorre un uomo a centrocampo pronto subito all’uso, collaudato per costruire il gioco (in futuro potrebbe anche essere Baselli). Tornando alla domanda, mi aspetto che quel foglio di carta venga disegnato con vividi colori: belli e forti, robusti com’è tipico del granata. Non tinte a pastello sbiadite.
Un ultimo quesito, da esperto in materia: secondo lei, come potrà cambiare un calcio come quello italiano sconquassato da scandali e polemiche?
È una domanda davvero molto impegnativa. Una volta Charles de Gaulle, di fronte a questioni assai difficili da risolvere, se la cavò dicendo – con ironia – che occorreva un “vasto programma”. Potremmo prendere a prestito questa frase. Per dire che c’è da riformare un’enormità di cose e che è un’operazione davvero complicata: l’ambiente del calcio è diventato un mercato, sempre più commerciale e venale, e la sensazione è che questa logica stia lentamente prevalendo fino ad averla vinta, tra l’altro aprendo spazi ad irregolarità d’ogni tipo. Per fortuna, mi tengo il Toro, che è diverso. Con tutti gli altri tifosi della nostra squadra. La pensiamo in modi che fanno di noi una minoranza, sotto tutti i punti di vista. Ma ne siamo orgogliosi! Non potremmo mai pentirci di questa che, paradossalmente (ma poi neanche tanto…), è la nostra forza.
Intervista interessante. Molto meglio delle solite banalita’ da (ex-)calciatori e affini.
Sarebbe stato bello se si fosse addentrato di piu’ nei problemi (politici ed economici) del mondo calcio. Immagino che qualcosa conosca.
“Evidentemente, però, non a tutti in città faceva comodo partire da questa realtà” ……parole sante…parole sante….tanto di cappello a un “vecchio tifoso del TORO che la pensa ESATTAMENTE come me!!!
Mi hai ‘rubato’ le parole dalle dita.